fuori

Irritante, incalzante e soprattutto insensibile. Così si mostrava Enzo Biagi in una intervista del 1983 a Goliarda Sapienza, ispiratrice del film di Mario Martone FUORI, da poco nelle sale. Un segnale evidente che già allora il personaggio in questione appariva piuttosto scomodo. Una personalità scoppiettante ma combattuta al tempo stesso, la sua. Anche per questo Goliarda rimpiangerà il carcere, dove ha vissuto un breve periodo, a causa di un furto di alcuni gioielli, poi rivenduti, ai danni di un’amica. Della quale dirà candidamente di essersi innamorata.

Un contesto, quello carcerario, che la sorprenderà non poco. Né rimarrà affascinata al punto di dichiarare “Lì dentro si scrivono ancora lettere d’amore, fuori non più. Fuori non si riesce più ad amare; né un uomo né una donna. Si è solo dei robot votati alla produzione, al successo, al potere”. Due mondi, in sostanza, su cui ruota un po’ tutto il film. Un fuori e un dentro che più volte il regista sapientemente alterna. “Lì dentro” esistono l’amicizia, la condivisione, la spontaneità. Lì dentro si rinasce da volgari imborghesimenti e intellettualismi esasperati. Ma il film è anche una attenta disamina del complesso universo femminile. E, a ben vedere, non ha una vera e propria trama di avvenimenti, né rappresenta la biografia della protagonista, peraltro magnificamente interpretata da una bravissima Valeria Golino.

Roberta e Barbara sono le amiche di “dentro” con le quali Goliarda trascorrerà i primi mesi dopo la scarcerazione. Interpretate in maniera sontuosa rispettivamente da Matilda De Angelis e Elodie, le due ragazze saranno la vera e unica forza per superare il periodo del ritorno alla “normalità”. Che si preannuncia tutt’altro che agevole. Dovrà fare di tutto per impedire lo sfratto dell’appartamento al quale è tornata. Non le bastano i guadagni striminziti delle poche collaborazioni giornalistiche, farà così persino la cameriera. Lei non si scoraggia affatto. Anzi. Anche se il vero tormento è un altro. Il suo capolavoro L’arte della gioia sarà pubblicato solo postumo. E solo dopo un successo clamoroso in Francia. La parentesi carceraria invece è accoratamente raccontata nel libro “L’università di Rebibbia” cui si ispira Mario Martone quando scrive appunto “Fuori”, insieme con la moglie Ippolita Di Majo.

Martone, superfluo dirlo, del film è anche regista. Molto apprezzato dalla platea della critica, probabilmente Fuori è uno dei suoi migliori film. Chi ne agevola il compito è proprio Valeria Golino. La brava Valeria, napoletana come lui, conosce a fondo il personaggio e lo interpreta come meglio non poteva. Perché prima ancora, nella serie Sky “L’arte della gioia”, la Golino si era seduta dietro la macchina da presa. Con risultati straordinari. Sui titoli di coda ci viene riproposta l’intervista cui accennavamo all’inizio. Evidentemente quella caduta di stile di Biagi non è piaciuta manco al regista.