david di donatello

Erano ben 15 le “nomination” per il suo Parthenope, ma alla fine Paolo Sorrentino esce a mani vuote dalla settantesima assegnazione dei David di Donatello. È il flop meno atteso per un film che, seppure da subito giudicato divisivo, certamente avrebbe meritato qualcosina in più. La stessa sorte è toccata a Il ragazzo dai pantaloni rosa di Margherita Ferri e a Francesca Comencini con Il tempo che ci vuole che pure al botteghino avevano ben figurato. Così come aveva fatto Diamanti, anch’esso non pervenuto.

Ozpetek si consola col David dello spettatore. Sul versante dei vincitori spiccano le lodi tributate a una nutrita squadra tutta coniugata al femminile. Su tutte, anche perché in 70 anni è la prima volta che succede, Maura Delpero, che si aggiudica la migliore regia con Vermiglio, a sua volta premiato quale Miglior film. La pellicola, alla fine, porta a casa sette statuette su quattordici candidature. A fare il pieno con “Gloria!” è Margherita Vicario. Premiata per il Miglior esordio alla regia, la neoregista romana, insieme con Davide Pavanello, vince altri due premi: quello per la miglior canzone originale e quello di migliore colonna sonora.

Un pizzico delusa è invece Valeria Golino che in molti hanno elogiato alla regia de L’arte della gioia. La brava attrice partenopea deve “consolarsi”, seppure in larga comproprietà, con la migliore sceneggiatura non originale. Lo stesso film (che poi in effetti è una serie) porta al successo Tecla Insolia quale migliore attrice e Valeria Bruni Tedeschi che si aggiudica il David per Miglior attrice non protagonista. Sul fronte maschile, Elio Germano conquista la sua sesta statuetta, la quinta come attore protagonista. L’interpretazione è quella resa nel film Berlinguer – La grande ambizione, che alla vigilia vantava quindici nomination. Un importante riconoscimento lo ottiene Francesco Di Leva.

L’artista napoletano è il Migliore attore non protagonista nel film di Francesco Costabile, Familia. Bissando in pratica il premio 2023 ottenuto per la stessa categoria nel film Nostalgia di Mario Martone con cui ha spesso lavorato. “Le déluge” del regista Gianluca Jodice fa incetta di premi, vincendo, un po’ anche a sorpresa, quattro statuette (costumi, scenografie, acconciature e trucco). Mentre la miglior fotografia va a Mikhail Krichman (Vermiglio) e il Miglior montaggio se lo aggiudica Jacopo Quadri (La grande ambizione). Pupi Avati, cui è stato assegnato un David alla carriera, non ha esitato a evidenziare le difficoltà che attanagliano l’industria cinematografica nel nostro Paese, auspicando un cambio di passo politico in difesa del settore.

Sulla catastrofe in atto a Gaza si sono espressi in molti. Per Elio Germano “un palestinese e un israeliano hanno pari dignità” e degli orrori quotidiani, secondo Margherita Vicario, siamo testimoni e complici, tutti. Mentre Stefano Sardo, sceneggiatore del film della Golino, parla di ladri di gioia e di vita non lontano da casa nostra. Solo poche ore prima, al Quirinale, durante la cerimonia di presentazione dell’evento, una incontenibile Geppi Cucciari introduceva così il Ministro della Cultura Alessandro Giuli: “Lei è l’unico ministro i cui interventi si possono ascoltare anche al contrario”.